venerdì 12 aprile 2013

Il saccheggio di migliaia di tesori culturali in Iraq. Ad opera degli esportatori di democrazia



La distruzione della memoria come atto finale delle guerre umanitarie. Ieri in Iraq, oggi nella Siria invasa dai ribelli finanziati dall'Occidente. Stesso identico copione che affianca alla tragedia umana e ambientale, la giustificazione che i conflitti possano privare un popolo della sua storia. E' questa la denuncia dell'architetto e archeologo Ihsan Fathi che condanna il furto di migliaia di tesori culturali durante l’invasione dell’Iraq. 35.000 piccoli e grandi reperti che sono stati sottratti al Museo Nazionale iracheno, fonti che rappresentano la memoria storica del Paese e costituiscono beni di un valore inestimabile. Già a marzo il direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura, Mounir Bouchenaki, ha rilasciato una dichiarazione in cui denunciava la scomparsa di oltre 1.500 dipinti moderni e di sculture dal Museo di belle arti di Baghdad, rubati durante l'invasione del 2002 dell'Iraq guidata dagli USA. Bouchenaki già nell’aprile 2003 aveva deplorato la distruzione del patrimonio culturale iracheno mentre le fiamme avvolgevano la Biblioteca Nazionale di Baghdad. Nonostante i mesi di avvertimenti degli archeologi americani, il Pentagono aveva ammesso di essere impreparato a fronteggiare il saccheggio sistematico. Nell’archivio della biblioteca era rimasto poco: decine di migliaia di manoscritti inestimabili, giornali e libri erano stati trafugati assieme ai reperti provenienti dalle civiltà antiche di Sumeri, Babilonesi e Assiri contenuti nel Museo Nazionale. Una civiltà quella irachena, che come sottolinea Fethi, vanta una tradizione risalente a 10.000 anni fa, con distruzioni storiche, tra cui l’avanzata dei Mongoli nel 1258. Già durante l’occupazione del 1991, gli americani avevano raggiunto i sobborghi e saccheggiato numerosi musei, ma quella del 2003 è stata una devastazione sistematica di oggetti di valore ma anche di tonnellate di documenti che ricostruiscono la cronologia della storia irachena. Nonostante la richiesta avanzata, gli Usa intendono restituire solo la metà di essi e molti sono stati spostati dal Ministero degli Esteri alle agenzie di sicurezza stato. L’operazione è stata pianificata durante l’occupazione e i documenti sono stati venduti alle università americane, tra questi anche una delle più antiche copie della Torah appartenente alla comunità ebraica irachena. Come dire, esportazione della democrazia in salsa vandalica.

Nessun commento:

Posta un commento