sabato 15 novembre 2014

Tempo di andare

Ti sei seduto sulla riva di un pensiero. Mi hai scrutata, i tuoi occhi due piccole stelle accese su silenzi troppo grandi.
Era sera, era solitudine, era sogno.
Le nuvole squarciavano senza pudore un cielo ancora poco assonnato. Arabeschi di luce dei lampioni filtravano tra le tende e si stampavano su lenzuola di lino profumate. Potevo sentire il tuo corpo, tra le mani impregnate di troppe assenze e solitudini. Potevo misurarlo il tuo corpo, palmo dopo palmo, dita intrecciate a cercare sentieri di per sempre assolati.
È spesso triste il tempo delle attese.
È sempre vuoto il tempo della mancanza.
Tu riempi con i lembi della tua pelle, che ho sfiorato, annusato, cercato, tu riempi cerchi concentrici di occhi stanchi di tempo.
Ti ho sognato stanotte. Eri calma e bufera, riposo e frenesia. Eri il bosco che si affaccia sull’autunno, quello di settembre, quando nelle mattine mezze calde di silenzi e ore troppo scure, dalla terra si alzano odori. Le prime foglie cadute, le prime foglie marcite e poi scalpiccio di solitudini dagli occhi bassi.
Ti ho sognato stanotte, avevi occhi stanchi ma ti sforzavi di rapire un desiderio che sapesse di vita. Un passato che è ancora presente, un sapore di infanzia nascosto tra il fazzoletto della tasca, un sorriso stampato a ricordarti di essere un uomo. Eri tu, con l’arcata di solitudini che si fondono con mille altri pensieri.
Eri tu e mi hai detto: - Tempo di andare. Con me.

Immagine Man Ray





giovedì 13 novembre 2014

Primavera rubata all'inverno

Nel cielo ritagliato di foglie d’autunno, parole nascono sulla bocca, già stanche di domani. Lei si passa la mano tra i capelli, profumo di oriente tra le pieghe dei vestiti, battiti del cuore lungo le linee della pelle.
Lui addosso mezze solitudini, lasciate appese ad asciugare come fossero pensieri. La mano di lei trema, quasi foglia sospesa a cercare il suo ramo; il viso di lui una pioggia di segni, senza pause né silenzi. Intersecarsi di linee dai contorni indefiniti, perse laddove cominciano: un amore, una solitudine, un dolore. I piedi raccolti lungo un viale di erbe calpestate e scricchiolii di pensieri. Solo un piccolo gesto a distrarre i loro occhi adagiati sulla terra umida. Fermati, sospesi, arresi. Primavera rubata all’inverno, barattata con quattro parole d’amore e un buon vino. Gli occhi di lei due mandorle alzate a guardare le prime gocce di pioggia. Una nebbia avvolge i contorni lontani. Il fumo della sigaretta vende illusioni. Solo mani, poi un abbraccio e il sentiero delle labbra tra gli indugi del presente.





Immagine: Immagine: René Groebli

mercoledì 12 novembre 2014

Quasi sogno, quasi tempo



Quei due si tenevano per mano prima di conoscersi. Era un gioco di sensazioni aggrovigliate tra le pieghe dei desideri, era attesa, devastante attesa di sguardi che riuscissero a scollarli dalla bruttura e li ancorassero saldamente a un sorriso. Erano momenti immaginati, ritagliati all’ideale, al sogno, all’immaginazione, nostalgia di primavere, il vagare persi tra la gente, l’effimero che prendeva ogni volta le sembianze di un uomo o di una donna.

Quei due, erano l’alfa e l’omega di un sogno, del loro sogno, e dove finiva uno cominciava l’altro, senza paura di interporre silenzi o barriere. Percorrevano strade diverse eppure sembravano avvicinarsi mentre fuori il mondo girava tra solitudini e nostalgie di cose mai avute. Un richiamo che si allontanava a tratti, quasisogno svanito nell’ora della rassegnazione. Eppure riuscivano ad assaporare un retrogusto mai intinto di cose lontane o passate, ma ogni volta nuovo.

Quei due sorseggiavano la vita quasi con avidità, per sentire l’attimo in cui tra mille odori e sapori intravedessero una traccia che parlasse di loro. Il tempo e la vita avevano un appuntamento, dove i per sempre non esistevano e lo spazio si dilatava, come l’abbraccio di un prato fiorito o un disegno mai completato: aspettavano la mano dell’altro per renderlo speciale.

Quei due si incontrarono un giorno semplice, ognuno portava per strada se stesso, senza retorica, fronzoli, trucchi. All’angolo della strada due occhi entrarono dentro altri occhi e lui disse: - Sai, io sono fragile.
E lei, sorriso nascosto tra le pieghe delle labbra: - Conosci un’altra strada per dirmi che sei un uomo?

Immagine: René Groebli