sabato 27 settembre 2014

La mala-informazione: i cristiani di Siria dimenticati dall’Occidente




Convenienza o buona fede?
A tre anni dall’inizio del conflitto siriano, gli improvvisi silenzi sulla guerra nell’area e i riflettori spostati sul califfato dell’IS dovrebbero quanto meno aprire spunti di riflessione. Perché i media mainstream urlano improvvisamente e all’unisono che i cristiani sono perseguitati? Non lo sono dal 2011 anche quelli siriani dalle brigate jihadiste che adesso l’Occidente finge di combattere? Dove erano allora i mass media?


Nascosti nel pantano degli interessi. La mala-informazione

Da tempo si è fatta strada la consapevolezza che il conflitto siriano sia stato influenzato in maniera significativa dal ruolo dell’informazione. Dopo le lezioni recenti impartite dall’Iraq di Saddam e dalla Libia di Gheddafi, vissute in quasi diretta dal punto di vista della controinformazione online (sebbene allora ancora poco incanalata per raggiungere il grande pubblico), i successivi sviluppi nell’area mediorientale hanno trovato un’opinione pubblica più sensibile ad affrontare in termini critici l’improvvisa primavera senza rondini scoppiata nell’antica Mesopotamia. Primavera che si è ripetuta con gli stessi copioni e gli stessi attori principali. La terra siriana, decantata come culla della civiltà araba fino al 2005, e lo stesso presidente Bashar al Assad, celebrato da Obama come giovane e lungimirante presidente e accolto nel 2010 da Napolitano come “esempio di laicità e difensore della libertà”, si è trovata sotto attacco in nome di quella che – come nel caso di altre aree mediorientali – i media occidentali hanno presentato come una riscossa rivoluzionaria. Una rivoluzione in una terra fino a pochi mesi considerata esempio di laicità e multiculturalità? Una rivoluzione che ha seminato ovunque integralismi e morte?
Era il 2011 e la grancassa della propaganda europea si è messa subito in moto allineandosi alla posizione del governo americano, con ricchi palinsesti dedicati ai crimini del regime dittatoriale degli Assad e alla primavera soffocata nel sangue. Per più di un anno dall’inizio della guerra, le voci dissidenti sono rimaste poche e relegate ai margini. Solo dal 2012 sono nate testate dedicate alla Siria, molte delle quali hanno dato voce alle minoranze presenti nel Paese che cercavano di far conoscere un’altra verità. In primis quella cristiana.
Imperdonabile per l’informazione occidentale il silenzio durato fino al 2014. Basterebbe armarsi di un po’ di senso critico per accorgersi del diverso trattamento riservato alle altre comunità cristiane in Iraq e in aree mediorientali strategicamente importanti per l’America. I media mainstream hanno dedicato ampi spazi agli eccidi dell’Isil, dimenticando spesso di sottolineare almeno un aspetto importante tra i tanti: gli Usa e le petromonarchie hanno finanziato i ribelli siriani che si opponevano al governo di Assad creando il mostro che fingono di combattere. Comprese le brigate integraliste. Una nuova strategia per mettere le mani sulla Siria? Un mostro sfuggito di mano o un cavallo di troia?


Cristiani di serie A e cristiani di serie B

Palinsesti manipolati per far piacere ai governi. Si è fatta una grande fatica nei mesi scorsi a reperire informazioni sulla questione siriana che non fossero quelle battute da fantomatiche agenzie, spesso al servizio delle potenze occidentali. Persino il “New York Times” si è accorto, nei primi mesi del 2013, che l’Osservatorio Siriano per i diritti umani, bocca della verità in Italia, era in realtà una sola persona residente a Londra e noto frequentatore del Ministero degli Esteri inglese. Eppure la voce dei cristiani di Siria cercava di levarsi dalle colonne dei principali organi di informazione cattolica.
La deputata cattolica indipendente al Parlamento siriano Maria Saadeh ha instancabilmente parlato di ciò che stava accadendo nella sua terra per anni. Qualcuno ne ha sentito parlare tra una notizia gossip e una partita di calcio? Nel novembre 2013, in un discorso ai cristiani d’Oriente, Saadeh ha rimarcato il senso della “guerra di concetti” in Siria, “usata per cambiare il vero senso della cittadinanza e dell’ appartenenza e per minacciare e distruggere la nostra identità, per condurci in un conflitto religioso e settario nel quale ognuno elimina l’altro”. Maria Saadeh ha avuto sempre una posizione critica nei confronti del presidente Assad, ma ha denunciato il tentativo esterno di minare il cuore della laicità e del multiculturalismo della società siriana, puntando il dito contro Qatar, Arabia Saudita, Turchia e Stati Uniti.
Le testimonianze dei cristiani sono state tante, dalla denuncia delle suore trappiste di Homs nel dicembre 2012, ( “Davanti agli occhi abbiamo anche le immagini dei tanti mercenari, dei salafiti giunti da ogni parte per la jihad: anch’essi per la maggior parte giovani, ragazzi imbottiti di satellitari, di droga e di armi”) a quella delle suore di Aleppo, fino alle parole di Padre Jules Baghdassarian, direttore delle Pontificie Opere missionarie ricordato da Francesco Mario Agnoli: “Non c’è guerra civile in Siria, ci sono tentativi di renderla una guerra civile, c’è un pressione per trasformare il conflitto in un conflitto settario, abbiamo vissuto questa esperienza in Libano, si è visto in Iraq e ora lo vediamo in Siria”.
Nel luglio del 2012 Padre Andrzej Halemb denunciava la superficialità dei mezzi di comunicazione occidentali nel raccontare gli avvenimenti in Siria. A un anno dall’inizio del conflitto siriano, poco “civile” e molto pilotato, apparivano su testate online italiane le prime voci di dissidenza nel panorama uniformato dell’informazione. Uniformato e sotto l’egida propagandistica americana ed europea, intendendo con quest’ultimo termine la politica al traino della Nato e i tentativi di ostentare una politica imperialista da parte del coacervo di Stati della Ue. La testimonianza di Padre Halemb, responsabile internazionale di un una organizzazione cattolica, lamentava l’indignazione dei siriani di fronte alle notizie riportate, che si sentivano “ingannati e usati” e avevano sempre più chiara la consapevolezza che l’Occidente inseguisse “unicamente i propri interessi”. Fin dal 2012 i cristiani della Siria, minoranza rilevante nel Paese, hanno compreso che si stava unicamente procedendo nella costruzione del nemico Bashar al-Assad, e quindi nella mistificazione della realtà. Padre Halemb scongiurava a tal proposito le “ volgari falsificazioni che, senza vergogna, trasformano piccole proteste in immense manifestazioni con centinaia, se non migliaia di dimostranti”, centrando un punto estremamente importante nel successivo evolversi del conflitto: ignorare completamente e volontariamente le testimonianze oculari per fidarsi di fantomatici osservatori ed attivisti che alloggiavano unicamente ai confini con la Siria e raccoglievano ipotetiche testimonianze di terzi. “In molti casi” – continuava il prelato – “le immagini fornite sarebbero fotomontaggi creati utilizzando fotografie della guerra in Iraq e di altri conflitti recenti”. Intanto Padre Halemb forniva le prime cifre: 230mila persone fuggite da Homs, altri intrappolati nella città con le vie di rifornimento completamente interrotte, 500 famiglie cristiane che avevano trovato rifugio a Marmarita, alla frontiera libanese, i greco-melchiti ridotti alla fame aiutati solo dal circuito della beneficenza.
Era il luglio 2012, gli eventi successivi e soprattutto le numerose inchieste hanno solo confermato quelle che allora sembravano congetture architettate per chissà quale motivo. Eppure l’Occidente, altrove strenuo difensore dei valori cristiani, persino oggetto di dibattito acceso nella costituzione ad esempio dei simulacri europei, oggi sembra schierarsi compatto contro i nuovi terroristi, i mostri del SIIL, creature partorite dallo stesso progetto di destabilizzazione. Una contraddizione palese, tra le tante, che sembra sfuggire ai meno attenti. Forse solo malafede.



Prove di governo fondamentalista: il silenzio dell’Occidente

Il calvario dei cristiani in Siria è iniziato pochi mesi dopo l’avvio del conflitto. Completamente inosservato, taciuto, nascosto. L’arcivescovo maronita di Damasco, monsignor Samir Nassar, nel 2012 chiedeva aiuto alla comunità internazionale. Profughi, aumento del costo della vita, persone costretti a fuggire dalla Valle dei Cristiani, conosciuta come Wadi al Nasara: 150mila persone, soprattutto greco-ortodossi, vivevano nel terrore in 40 villaggi.
Il 17 dicembre 2012 “The Indipendent” (tra i pochi a fornire qualche spunto critico sul conflitto) forniva un resoconto dei primi attacchi alla città di Maalula, tragicamente oggetto di eccidi e di una lunga battaglia anche nei mesi successivi. I tentativi di rapimento dei cristiani più ricchi della comunità da parte di uomini armati appartenenti alle frange degli integralisti erano letti come il preludio di una catastrofe. Gli stessi turisti europei non erano più visti di buon occhio perché simbolo di una comunità internazionale ampiamente coinvolta nel massacro della Siria. I cristiani temevano non la guerra in sé, ma la fine del conflitto: nuovi integralismi allo sbaraglio. Nello stesso mese giungevano le prime notizie da Ras Al-Ayn, a confini con la Turchia, descritta come una cittadina tranquilla dove la gente aveva vissuto in pace grazie anche alla mediazione della Chiesa fra tutte le comunità, soprattutto arabe e curde, diventata teatro di atrocità e di morte. Nella Valle dei Cristiani, Il “fuoco delle milizie islamiste”, come viene descritto dai testimoni, avanza senza tregua. Nessun giornale sembra accorgersene, nessun programma televisivo dedica speciali. Pochi mesi dopo a Raqqa, centro al confine turco conquistato dall’ESL e dalle brigate al-Nusra e Arianna al-Sham , una bandiera issata in cima ad un pennone nel piazzale antistante il palazzo del governatore, riportava il messaggio degli integralisti: “Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il Messaggero di Allah”.


Quando la verità viene a galla i media occidentali non chiedono mai scusa. Omettono. Poi spostano l’attenzione su altre presunte tragedie, guarda caso sempre in agguato quando l’acqua diventa torbida. Il conflitto siriano è stato perso dagli Usa e dagli alleati, compresa l’Europa, anche sulla battaglia dell’informazione. Il dimenticatoio si nutre di malinformati, di superficiali e di persone che pensano possa essere normale sbagliare. I professionisti dell’informazione sono oggi addetti a manipolare e compiacere, non sono in buona fede. Lo hanno dimostrato e lo dimostrano quotidianamente. Il silenzio è complice. Pure l’omissione.


Per maggiori informazioni
http://www.zenit.org/it/articles/sulla-siria-troppa-superficialita-da-parte-dei-media
http://assadakahsardegna.com/rassegna-stampa/assad-difensore-della-liberta-il-voltafaccia-re-giorgio
http://orizzontiliquidi.blogspot.it/2013/04/il-nyt-si-accorge-che-losservatorio.html
https://www.youtube.com/watch?v=T_-Cy1c7KsE
http://assadakahsardegna.com/in-evidenza/la-deputata-maria-saadeh-incontra-le-istituzioni-italiane
http://assadakahsardegna.com/in-evidenza/malula-maria-saadeh-rai-news-24
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=YWNMXUO0FiI
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2012/12/23/NATALE-2012-Suor-Marta-Homs-Siria-tutto-il-male-che-sta-intorno-a-noi-fa-spazio-al-Bambino/2/349737/
http://www.oeuvre-orient.fr/2012/12/20/syrie-temoignage-de-la-vie-quotidienne-a-alep/
http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/persecution-of-the-christians-syrian-minority-fear-the-end-of-fighting-more-than-war-itself-8422977.html



Immagine: Grigoris Georgiou