sabato 17 luglio 2010

Per la Chiesa la pedofilia è un “delitto contro il costume”



La sospensione delle idee. A leggere il documento Normae de gravioribus delictis, redatto dalla Congregazione per la dottrina della fede in sostituzione dell’istruzione Delicta Graviora emanata nel 2001, si prova un misto di incredulità e di tristezza. Non c’è più nemmeno spazio per l’indignazione, a quella ci si abitua lentamente; sembra essere diventata una costante della società attuale. Una lunga e prolungata somministrazione di dosi quotidiane di piccoli, grandi risentimenti che sta portando all’eutanasia del pensiero, della critica, del sentire in ogni ambito, politico, sociale, culturale.

Abbiamo assistito in questi mesi a una campagna di “normalizzazione” del fenomeno pedofilia passata attraverso l’individuazione di altri “nemici” a cui guardare, proclami contro il complotto anticlericale orchestrato da chissà quale entità, strenua difesa degli embrioni e, senza paura di toccare il fondo, deformazione dell’omosessualità, fatta apparire come una malattia e un disagio per chi la vive discretamente: tutto per distogliere l’attenzione, tra deliri e anacronismi, tra posizioni ufficiali e ufficiose di cardinali e vescovi, senza una presa di posizione netta e decisa, se non quella delle parole e delle scuse. Come se bastassero.

In 31 articoli, la Sacra Congregazione traccia le linee guida per giudicare “i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi contro i costumi o nella celebrazione dei sacramenti”: in primis “contro la santità dell’augustissimo Sacrificio e sacramento dell’Eucaristia”, della penitenza, quello “più grave di attentata sacra ordinazione di una donna”, e - finamente - all’articolo 6:

1. I delitti più gravi contro i costumi, riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede, sono:
1° il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di diciotto anni; in questo numero, viene equiparata al minore la persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione;
2° l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori sotto i quattordici anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento.
§ 2. Il chierico che compie i delitti di cui al § 1 sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione.


Un delitto contro il costume, liquidato in poche battute, come quando lo stupro era “qualcosa”che offendeva il pubblico pudore. Qualcosa, un quid, perché in questi termini si liquida la faccenda, in maniera asettica, quella dei documenti ufficiali emanati speriamo non sotto dettatura dello Spirito Santo.
Non si vuole attaccare la fede, che merita sempre rispetto. Quella prescinde “dagli uomini”, come precisano tutti i cattolici, tuttavia questa sorta di giustificazione, che a tratti appare oggettivamente “leggera”, regge se si è disposti a farsi processare come “uomini”. Invece, come specificato in una nota di Padre Lombardi, “trattandosi di norme interne all’ordinamento canonico, di competenza cioè della Chiesa, non trattano l’argomento della denuncia alle autorità civili”.
Di fronte all’alleggerimento, ufficiale ed ufficializzato, di un delitto considerato “contro il costume” e non contro la dignità della persona, viene da chiedersi se questa che stiamo vivendo non sia solo la parte superficiale di un fenomeno molto più esteso. E qui forse ci si aspetterebbe una netta denuncia, un’ammissione di colpa e soprattutto la solidarietà, da parte della comunità cattolica “dal basso”, a quanti sono “stati violati”. E, invece, il dubbio di non veridicità, di manipolazione, di complotto, il silenzio opaco e inspiegabile o - sottovoce – parole sminuite e smentite dagli atti ufficiali.
Non si sente il grido della Chiesa degli uomini, quelli che dovrebbero semplicemente mostrarsi indignati, perché non va difesa solo la vita “concepita”, ma anche quella vissuta. Non si sente la Chiesa del grande respiro evangelico, quella di Gesù e dei suoi insegnamenti. Non si sente nemmeno la voce austera e ridondante della Chiesa dei concili e delle scomuniche. Non c’è bisogno di arrivare alle crociate o ai roghi, basta fare un salto nel dopoguerra italiano o rispolverare le posizioni sempreverdi contro l’aborto.
Disarmante e angosciante allo stesso tempo, ma soprattutto offensivo per le vittime. A noi, comuni mortali, non resta che ricordare Giovenale: "Nessun colpevole può essere assolto dal tribunale della sua coscienza". Magra consolazione, ma non si vede una via d’uscita diversa.