parola scarnita
schernita nel vuoto.
Il mio corpo rivive
silenzio riempito
il tuo suono.
Olga Tamburini
Illustrazione Tiziano Riverso
Illustrazione Tiziano Riverso
Ho iniziato a far l’amore con te nel chiassoso vociare della gente. Era per strada, solo un caso il rimorso di un pudore tra le mani, solitudini svanite nei tuoi occhi. Quasi un codice nell’ombra, il silenzio del dov’eri ieri, la penombra del tuo sguardo diradata, la tua bocca che pronuncia una parola. Si restringe il tempo e il campo, solo un attimo di attesa circostanza, si dilata lungo il sesso, quasi un tocco, l’incoscienza di essersi trovati.
Sto cercando di dirti che non esiste nostalgia che possa arrampicarsi tra i tetti grigi di questa città e tra la pioggia di una primavera che brinda alle sue malinconie. È un gioco di specchi, dove la parola si ricompone lenta e a tratti ancora un po’ confusa, quasi un arrivo sui binari del freddo d’inverno, singhiozzante e criptico, ad un annunciare un bacio o un addio. Volevo solo dirti che la nostalgia è quando tento di trovarmi nel corpo di altri, confusa e incerta, la maggior parte delle volte mi sento naufraga di ogni speranza di approdo, quando non scopro baie in cui sostare a cercarmi, porti sicuri per le mie fragili inquietudini, antri che somigliano ad amplessi nella notte che sanno parlare di antiche canzoni ascoltate un tempo lontano, incerto, forse assolato. E la nostalgia del mio ritorno osa ancora mettere insieme pezzi per chiudere cerchi e ricomporre eventi, poi si ferma e ascolta solo un attimo il cuore.