Costruiamo la gabbia della nostra
infelicità, con l’ingenuità di una sposa all’altare dei sogni, con la dignità di
uno sguardo nelle avversità e un vestito di stoffa cucito un po’ di anni fa. La
fierezza col quale si mostra la fiaba là dentro, con un sogno leggiadro,
ballerina sul palco di tutte le solitudini, che vediamo da soli ma di sera si infrange dentro un vuoto di gesti,
di affetti, di parole lasciate a metà o sospese per rimandare a domani la
scelta di andare e volare.
Costruiamo la gabbia della nostra infelicità, la
spacciamo per un oggetto di lusso, unico ed eccezionale nel suo scintillio di
falsi sorrisi, attese buttate sul contentino della banalità. Ma la sera poi
arriva, passi il giorno a inseguire speranze, all’interno uccello un po’
stanco, il dolore di un gesto incompreso, la finestra sul tempo perduto. Al
soffitto sono gocce di luce poche lacrime appese dentro occhi già vuoti e i
pensieri che liquidi scorrono sul pavimento della necessità. Ma la melma di
false illusioni è più forte, a volte racchiude e diventa l’inconsistente
rifugio dell’idealità. È l’immagine di una faccia, di una vita, di un futuro
come appare nel cuore, come piace pensarla a portata di mano e di sguardo, di
occasioni mendaci elemosinate lungo la strada dell’inutilità.
Art Bernard Meadows