C’era una promessa all’inizio tra noi, dirci tutto. Forse ci delude la parte dell’altro che in realtà cerchiamo in noi stessi, quel segreto che non riusciamo a pronunciare perché ci sembra azzardato, confuso, pericoloso. Mi sono innamorata di quest’idea, delle parole e dei pensieri, il sono qui un sentimento che mi rassicurava. Perché a un certo punto, nella solitudine consolidata di anni senza approdo, ho percepito come la voglia di fermarmi. Anche un solo attimo. Era l’improvviso e inaspettato desiderio, pure ingenuo, di immaginarmi in una scena: a occhi chiusi, tra due braccia, esattamente le tue, senza un pensiero, senza un’inquietudine. Così, lasciata a cullarmi noncurante del mondo a chiedermi dove fosse fino a quel momento quella pace del cuore inattesa. Ho desiderato l’immobilità di un momento, una scena dirai? No. Il ripetersi e il moltiplicarsi di migliaia di finestre sul mare, con un calice, la stanchezza accarezzata dai tuoi pensieri e il desiderio di corpi mai sazi. E ho voluto un dirti “ci sono” di fronte alle tue inquietudini, nuda, senza difese, a cercare di affrontare il tuo mare profondo come una vertigine, mai voragine pronta a divorarmi. Il non volerti cambiare, ma un tuo vuoto colmato dalla mia bocca. Mi sono immaginata serena, incosciente, quasi bambina mentre ti alzi e mi versi del vino, sonnecchio due punti lascia le persiane socchiuse. Arriverà l’alba!
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