sabato 31 agosto 2013

Quando gli americani testarono le armi chimiche nella comunità di St. Louis (1953-1954 e il 1963-1965)




L’uso delle armi chimiche è osceno, vero signor John Kerry, eppure bisognerebbe farle tornare alla memoria tutte le volte in cui gli Usa e i suoi alleati hanno perpetrato crimini rimasti sempre impuniti, in pieno stile doppiopesista tipicamente occidentale. Dall’uso di armi chimiche durante la prima guerra mondiale ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, passando per l’utilizzo del cosiddetto Agent Orange con cui si orrorò abbondantemente il suolo del Vietnam fino all’uso del fosforo bianco a Falluja o al silenzio su quello israeliano nella Striscia di Gaza. Nemici costruiti a tavolino grazie a un preventivato lavorio sull’opinione pubblica e strategiche riunioni di decenni prima, mostri da eliminare e trattare come bestie su cui sperimentare nuove armi biologiche, loro, gli altri, quelli non americani, non appartenenti a quel popolo fiero, alla sua gente sempre pronta a intervenire nel nome dell'umanità.

Eppure sorprende scoprire come, tra gli anni 1953-1954 e 1963-1965, i governi dello Stato che lei stesso erge a difensore dei diritti nel mondo, abbiano permesso la sperimentazione di armi chimiche sulla stessa popolazione americana. Siamo precisi. Su una città, ma in particolare su un quartiere residenziale abitato da circa 10.000 persone che hanno avuto la sventura di vivere assemblate in un’unica area perché povere e di colore. Retaggi della schiavitù, verrebbe da pensare, l’uso dell’essere umano come cavia (neanche quello una novità), un numero di individui da sottoporre a esperimenti potenziali nel nome del progresso. Dove sarebbe la stessa idea di progresso? Viene in mente piuttosto una forma mentis criminale, soprattutto perché quell’area era abitata da bambini, in una percentuale di oltre il 70%, che hanno vissuto sulla propria pelle le conseguenze, tra cui un’incidenza elevatissima di cancro manifestatasi negli anni successivi.

Il quartiere è quello di Pruitt-Igoe, ne avrà sentito parlare, nella comunità di St. Louis, nello Stato del Missouri, dove furono effettuati test militari con prodotti chimici radioattivi fatti passare per sperimentazione di sostanze innocue che servivano ufficialmente a sviluppare "schermi di fumo" per proteggere la città da un potenziale attacco da parte dell'Unione Sovietica.

Prima negata, poi avvolta da un alone cospirazionista che come al solito scoraggia l’indagine aprioristicamente in nome di presunte verità che albergano sempre altrove, dal 2012 la vicenda scioccante ha trovato conferma grazie allo studio di numerosi documenti da parte della sociologa Lisa Martino-Taylor, professore presso la St. Louis Community College.

Esperimenti ultra-segreti con composti radioattivi fabbricati da una società anch’essa defunta, la US Radium (portata in tribunale per la morte di numerose donne che avevano utilizzato i suoi prodotti), condotti con aeroplani e spruzzatori chimici posizionati nei pressi delle scuole e degli edifici pubblici. Lei immagina la scena: bambini che ignari frequentavano un edificio, ridevano, giocavano, parlavano, e sulla cima della scuola avevano un contenitore che rilasciava sostanze radiologiche.

Non solo solfuro di zinco e cadmio, come ufficialmente sostenuto – la menzogna pure deve essere caratteristica ben sperimentata - ma particelle radioattive, in piena violazione di tutte le norme etiche della medicina e di tutti i trattati internazionali. Radium 226, la sostanza che ha ucciso molti dipendenti della stessa azienda produttrice, mentre l’esercito ha ammesso di aver aggiunto in quegli anni una sostanza fluorescente ai composti definiti innocui.

Sempre impuniti signor Kerry, ogni volta criminali. Storia del doppiopesismo occidentale.

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