sabato 16 marzo 2013

I resti di Neruda riesumati l’8 aprile: avvelenamento di Stato del regime di Pinochet?





Pablo Neruda morì il 23 settembre 1973, dodici giorni dopo il golpe militare che spodestò il presidente socialista Salvador Allende e portò al potere Augusto Pinochet. Morì nella stanza n. 406 della clinica Santa Maria di Santiago, alle 22.00, la stessa nella quale nel gennaio 1982 fu assassinato il democristiano Eduardo Frei Montalya per presunte “complicanze” sorte dopo un intervento chirurgico di routine. A riaprire il caso e a chiedere la riesumazione dei resti del Premio Nobel è il giudice Mario Carroza dopo la denuncia pubblica di Manuel Araya Osorio (assistente di Neruda dal novembre 1972, anno del suo ritorno dalla Francia, fino alla morte) e dopo la querela del Partito Comunista cileno.

La riesumazione si inserisce in un’indagine più complessa avviata da Carroza che riguarda 726 morti sospette seguite al golpe che portò Augusto Pinochet a instaurare la dittatura militare in Cile, in pieno accordo con la famigerata Operación Cóndor, un piano orchestrato dagli Stati Uniti e dalle dittature sudamericane negli anni Settanta e Ottanta per eliminare gi oppositori. Notizie non certo sconosciute a chi in questi giorni sta seguendo l’apertura del processo all’ex dittatore argentino Videla. Torture, rapimenti, violenze, avvelenamenti, persone scomparse dopo l’esilio, tra cui uruguaiani, argentini, cileni, paraguaiani, boliviani e peruviani. Quello aperto il mese scorso, è un processo che per la prima volta punta i riflettori sul piano Condor come cooperazione tra le dittature sudamericane e sui metodi utilizzati per eliminare fisicamente gli oppositori con l’aiuto ed il sostegno economico della Cia. Nel caso del Cile, sono 1.104 le cause ancora aperte per violazione dei diritti umani durante il regime di Pinochet e di particolare interesse le indagini sulla morte di Victor Jara nel 1973, ma anche di Alberto Bachelet nel 1974 e di Miguel Enríquez, il dirigente del Movimiento de Izquierda Revolucionario morto nel 1974.

La morte di Pablo Neruda, ufficialmente per cancro alla prostata, e i suoi ultimi giorni sono raccontati da Manuel Araya che visse in prima persona gli avvenimenti ma anche da Isabel Allende ne La casa degli spiriti. Dopo il colpo di stato dell'11 settembre, Neruda, la moglie e il resto degli abitanti della casa di Isla Negra erano stati isolati e l’unico contatto con il mondo esterno era una piccola radio dalla quale il poeta aveva appreso la notizia del golpe alle quattro del mattino dell’11 settembre 1973. Il 12 settembre una jeep con quattro soldati dal “volto dipinto di nero” aveva raggiunto Isla Negra per accertarsi della presenza del poeta e il 13 una quarantina di militari con mimetica e mitragliatrici avevano fatto irruzione nella casa, perquisendola e portando via degli oggetti. Di fronte alla casa era appostata una nave della Marina da diversi giorni.

La decisione di lasciare il paese per stabilirsi in Messico in attesa dell’appoggio degli “intellettuali e dei governi di tutto il mondo per rovesciare la tirannia e ricostruire la democrazia in Cile” sembrava l’unica via d’uscita. Isabel Allende così racconta quei giorni:

“La truppa gli aveva violato la casa, avevano rovistato tra le sue collezioni di conchiglie, di chiocciole, tra le sue farfalle, tra i suoi libri, tra i suoi quadri, tra i suoi versi inconclusi, cercando armi sovversive e comunisti nascosti finché il suo vecchio cuore di bardo non aveva cominciato a vacillare. Lo portarono alla capitale. Morì quattro giorni dopo e le ultime parole dell’uomo che aveva cantato alla vita furono: li fucilarono! Li fucilarono! Nessuno dei suoi amici poté stargli vicino nell’ora della morte, perché erano fuorilegge, profughi, esiliato o morti.”

I primi giorni nella clinica di Santiago erano trascorsi senza problemi. Il 22 settembre, l'Ambasciata del Messico, aveva reso disponibile l'aereo per la partenza prevista due giorni dopo. Araya e la moglie del poeta, Matilde, erano rientrati a Isla Negra per prendere le ultime memorie e altri effetti personali, lasciando il poeta con la sorella Laura. Era "in condizioni eccellenti”, ricorda Araya, "stava prendendo tutti i medicinali in compresse". Nel pomeriggio del 23 la telefonata di Neruda alla moglie, con la preghiera di raggiungerlo presto perché gli era stata fatta un’iniezione. "Quando siamo arrivati alla clinica – ricorda Araya - Neruda era febbricitante e molto arrossato. Disse che lo avevano bucato sullo stomaco ma non sapeva cosa gli fosse stato iniettato. Aveva una macchia rossa". Un medico aveva invitato Araya a comprare una medicina che non era disponibile in clinica e quando si era avviato verso il luogo consigliato era stato seguito, picchiato, colpito da un proiettile alla gamba e torturato. Era stato salvato dal cardinale Raúl Silva Henríquez.


Ma quanto vive l’uomo?
Vive mille anni o uno solo?
Vive una settimana o più secoli?
Per quanto tempo muore l’uomo?
Che vuol dire per sempre?


L’analista internazionale Fernando Buen Abad ritiene che le minacce del piano Condor persistano ancora in America Latina e nei continui tentativi di destabilizzazione dell’area latinoamericana. La morte di Pablo Neruda potrebbe inserirsi in un filo di eventi che lega il passato al presente, passando attraverso inquietanti scenari che sembrano a tratti surreali. Il diritto al colpo di stato e alle morti pianificate per fermare processi progressisti e di affermazione di autonomia?

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