venerdì 28 agosto 2015

Il sapore del mio addio

Lo riempi di niente il vuoto di un addio. Il treno scivola su un binario di incertezze, risucchia i pensieri di un silenzio: un amore, un amato, un amante, un amico. Con la coda dell’occhio lo puoi vedere andar via e raccogli la solitudine di uno sguardo appoggiato all’ultimo vagone, il mio, quello dell’uomo che mi sta di fronte occhi fissi sul finestrino, della donna in lontananza si tiene la gonna a fiori.
Lo riempi di speranze il tempo di un addio. La speranza che qualche porta si apra, serrata nei labirinti della mente e del cuore, sigillata tra impotenti paure e mancate verità. Sono porte complicate, affacciano su ferite profonde. L’istinto, a volte, dice di fuggire, di non fermarsi a guardare la voragine, il cuore, a volte, dice di restare. Restare e provare ad affondarci nelle inquietudini, non solo a galleggiarci, per risalire e tornare a vivere. Lo sento tutto il freddo delle porte che hai chiuso, provo a dirti non esistono i per sempre, riscattiamo i mai.
Lo riempi di immagini un addio. I tuoi occhi che ridisegnano un altrove, lasciando scivolare un forse, la tua spalla, incavo in cui sognare e sentirsi al sicuro, il passato che raccogli negli oggetti e porti nei luoghi dove ti pensi a casa, mani che stringono, braccia che si inarcano sulle mie paure. Nessuna valigia. Poco tempo di restare.
Lo riempi anche di un sapore l’addio. Il cielo ci ha invidiato l’ultimo bacio. Ci siamo detti eccomi ancora, non sappiamo come, non sappiamo se. In quell’attimo il riscatto di attese vorticose stampate sulla pelle e due mondi che pian piano scivolavano tra le nostre mani. Un addio ci raccoglie ancora, perché siamo insieme dove si ferma il sogno e cominciamo noi.
Ho avuto voglia di tornare a casa, per sentirmi protetta. Ma lì ho trovato il vuoto.

Immagine Ron Hicks



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