Ci sono occhi intorno, quasi si annusano. I respiri delle case troppo vicini arrivano nel cono di luce mai soffusa che ha accolto il tuo primo vagito: la sacralità di linee che si incrociano senza mai incontrarsi né chiudersi, eteree ritagliano solo uno spazio tra cielo e terra dove gli angoli ogni sera ti accolgono raccogliendo i tuoi silenzi. E io ci sono entrata con la stessa fugace e profonda sacralità del tuo sguardo che mi ha detto: “Sai, un tempo questa piazza era grande ai miei occhi”. Sono linee curve, linee chiuse, ora aperte a lasciar trasparire un domani, sono cunicoli che portano nella tua mente. Luoghi fisici spazi del cuore: intimità di squarci, pensieri, due fratelli che vivono in stanze diverse. Di giorno litigano a voce alta, poi saracinesche di negozi alzati e sogni chiusi, sguardi di passanti curiosi. Cunicoli di dita che si intrecciano nel tempo, piano piano, senza chiedere al tempo di aspettare. La stessa, silenziosa e sacrale intimità di un prendimi per mano.
Immagine: Francesca Woodman

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