venerdì 21 settembre 2012

Anche l’ONU si accorge dei militanti jihadisti tra le forze di opposizione siriana. Cade il mito americano della lotta al terrorismo?

In questo conflitto, non c'è un terreno neutrale. Se un governo aiuta i fuorilegge e gli assassini di innocenti, diventa fuorilegge e assassino. E intraprenderà una strada solitaria a suo proprio pericolo (George Bush). Tutti ricorderanno il discorso di Bush in salsa manichea all’indomani dell’11 settembre 2001, eppure oggi qualcosa non torna più. Di cose non ne tornano parecchie, ma conviene sottolineare la poca importanza data al recente rapporto delle Nazioni Uniti che conferma la presenza di stranieri tra le forze dell’opposizione siriana, non solo persone che spontaneamente decidono di partecipare a quella che qualche mese fa si voleva far passare per una nuova “primavera” araba, ma veri e propri terroristi appartenenti – come documentato dalla BBC Arabic (variante in lingua araba del canale britannico BBC World) ai battaglioni del cosiddetto Jabhat al-Nasra e ad un gruppo denominato “Jihadiya” o organizzati in cellule autonome. Lunedì scorso, a Ginevra, Paulo Sergio Pinheiro, membro della Commissione d´Inchiesta indipendente dell´ONU sulla situazione in Siria, ha condannato duramente gli “omicidi, le esecuzioni extragiudiziali e le torture” inflitte alla popolazione siriana dall’esercito ribelle. Un muro si rompe, dopo mesi di tentativi di far luce sulla complessa questione siriana, dove un balletto di cifre e un’informazione manipolata e persino “ritoccata”, continua a far leva su parole e propositi che ricordano altri avvenimenti, molti nemmeno troppo lontani. Una voce, quella delle Nazioni Unite, ufficiale: non più banali teorie antimperialiste, accuse di complottismo, guerra di fonti e attendibilità, ma il resoconto di un rappresentante dell’Onu chiamato a pronunciarsi sulla situazione siriana. C’è un legame con la Cia? Chi arma i ribelli? Il New York Times, già nel giugno di quest’anno, gettava ombre sull’intelligence americana, rivelando la strategia sottile adottata dalla Casa Bianca: agenti al confine tra Turchia e Siria per fornire armi provenienti dal Qatar, dalla Libia, dall’Arabia Saudita e coordinare i gruppi di ribelli. Il 3 settembre la voce di un accordo tra lo sceicco yemenita Tariq al-Fadhli (noto esponente di Al Qaeda) e Stati Uniti/Arabia Saudita, con l’invio di 5.000 combattenti jihadisti in Siria. Ad agosto il CFR (Council on Foreign Relations) elogiava l’abilità di combattimento e l’efficacia dei combattimenti di Al Qaeda, gli stessi accusati dagli Usa di aver sferrato il più duro attacco terroristico nella storia mondiale l’11 settembre 2001… e il CFR non è una semplice sigla: si tratta di uno dei più influenti think thank americani, con una rete di connessioni con il dipartimento di Stato Usa. Secondo il CFR, i ribelli siriani - per disorganizzazione interna - necessitano della presenza di Al Qaeda come guida, indispensabile per “disciplina, fervore religioso, esperienza di battaglia dall'Iraq, finanziamenti da simpatizzanti sunniti nel Golfo”. Cade il mito della rivoluzione spontanea e non pilotata dall’esterno, mentre si fanno pesanti le responsabilità dell’Occidente nella destabilizzazione dell’area mediorientale. Come ha ammonito in una recente intervista il Presidente della Commissione parlamentare per gli affari esteri russo, Aleksey Pushkov, la Siria potrebbe trasformarsi in un secondo Iraq, con estremisti musulmani che potrebbero arrivare al potere favoriti dalle forze occidentali. La prospettiva di abbattere uno stato comunque laico appare inquietante. Non semplice retorica dietro le parole di Pushkov, ma lucida e attenta analisi della situazione, considerando gli sviluppi delle fantomatiche primavere arabe e l’innestarsi di movimenti fondamentalisti che stanno ripristinando estremismi ben noti. Non a caso i cristiani di Aleppo organizzano gruppi di autodifesa armati dall’esercito di Assad e testimonianze critiche si alzano da agenzie di stampa cattoliche quali Fides che temono le persecuzioni post regime. I media tradizionali sembrano accorgersi finalmente della presenza di terroristi in Siria, senza dare troppa importanza agli avvenimenti o continuando a trattarli come episodi isolati dai contesti. Dovrebbe essere più chiaro ai convinti sostenitori dell’ennesima esportazione di democrazia, che non ci sia l'intento di prevenire una catastrofe umanitaria in Siria o istanze filantropiche. La questione siriana è molto più complessa, chi vuole continuare a ridurla a un evento "in superficie" può farsi una semplice domanda: chi combatte chi? http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=ugfcTCJbsF8 http://it.euronews.com/2012/09/17/onu-migliaia-di-jihadisti-nella-rivoluzione-siriana/ http://www.corriere.it/esteri/12_giugno_21/siria-agenti-segreti-cia_e98fec26-bba2-11e1-b706-87dd3eab4821.shtml http://www.alterinfo.net/notes/Syrie-Nombre-croissant-d-elements-etrangers-dont-des-islamistes-selon-l-ONU_b4730927.html http://www.infowars.com/cfr-strategist-praises-al-qaeda-bombings-in-syria/ http://www.guardian.co.uk/world/2012/jul/30/al-qaida-rebels-battle-syria http://english.ruvr.ru/2012_09_17/Islamic-radicals-will-grab-power-in-Syria-if-Assad-is-overthrown-official/ http://www.prisonplanet.com/al-qaeda-leader-strikes-deal-with-u-s-saudis-to-send-5000-fighters-to-syria.html

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